Gringhigna, la vigna queer che ci parla non solo di vino

Sono arrivati i vini di Roberta Bruno de La Gringhigna, la vigna queer, che promuove e sostiene associazioni e progetti per le donne e per la comunità Lgbtqia+.

Giugno è il mese dei Pride. In tutta Italia, compresa Vercelli, si susseguono eventi e manifestazioni e così cercavo, nel mio piccolo, qualcosa che potesse far stare insieme il mondo di chi rivendica la propria diversità con quello del vino, settore tradizionalmente maschilista -e anche un po’ machista-.

Ed è così, cercando, che ho trovato la storia di Gringhigna, il progetto di vigna queer messo in piedi da Roberta Bruno a Strevi, in provincia di Alessandria.

“Il nome è un gioco di parole: in alcune parti del Piemonte significa viticcio” mi spiega.

“Mi piace pensare a Gringhigna come qualcosa che si arrampica e si adatta per tirare su tutto il tralcio e quindi l’uva.”

I vigneti di Gringhigna

Mi sono fatta raccontare da Roberta qualcosa del suo progetto: al momento gestisce 4 ettari di terreno con impianti fatti tra il 1992 e il 1942, alcuni ancora frutto del lavoro del suo bisnonno e realizzati su terreni a forte pendenza lavorabili solo manualmente. Ci sono uve di moscato, bracchetto, cortese, dolcetto, barbera, chardonnay e grignolino che ritroviamo poi nelle bottiglie.

Dopo aver lavorato in Spagna  nel settore food come consulente/commerciale per servizi di marketing per le aziende, quando ne ha avuto la possibilità ha fatto rientro in Italia per aprire finalmente qualcosa di suo. “Ho aperto da zero Gringhigna – mi racconta- lavorando i vigneti nella zona dove la mia famiglia aveva sempre fatto viticoltura.” Però, ci tiene a specificare, i terreni non sono frutto di un’eredità, ma sono stati tutti acquistati o presi in affitto.

E l’obiettivo nei prossimi tre anni è quello di investire nei vigneti, provando ad andare oltre il biologico anche guardando ai vitigni Piwi. Perché “le sfide in vigna saranno molte: malattie, siccità. Sto studiando il modo migliore per avere un equilibrio tra vigna e biodiversità dentro e fuori dal vigneto.”

Cosa si intende con “vigna queer”?

“Per me il vino è un mezzo con cui portare messaggi e creare connessioni. Io sono una persona queer e intorno a Gringhigna gravitano tante persone della comunità lgbtqia+ che mi danno una mano a portare avanti questo progetto.”

E questo si evince dai diversi progetti a cui si legano i diversi vini, a partire da Norma, rosato a base di dolcetto e bracchetto, il vino che “brinda alla diversità”.

Queer era usato come dispregiativo per dire strambo, strano, in riferimento alle persone della comunità: oggi vogliamo rivendicarlo.

Gringhigna è la vigna queer, che promuove e sostiene associazioni e progetti per le donne e per la comunità Lgbtqia+.” E di questo c’è bisogno specie in un settore ancora fortemente maschilista e chiuso come quello del vino.

Tra le collaborazioni che danno vita ai vini di questa cantina c’è quello con Teatro Selvatico, un’associazione culturale di Mondovì, a cui sono associati Bombo Selvatico (Grignolino) e Lucciola Selvatica (Chardonnay).

Oltre alla scelta grafica delle etichette c’è stato anche un bel lavoro rispetto ai descrittori utilizzati per raccontare questi due vini, che diventano qualcosa di comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

I vini che omaggiano le “streghe”

Sono invece le streghe le protagoniste delle altre etichette di Gringhigna. C’è Ena, la Barbera dedicata ad “una delle vittime di un re che sterminò un villaggio spagnolo di donne con la scusa della stregoneria.” E poi Sibilla, il Cortese, che ricorda le streghe e profetesse nella mitologia latina. Il Bracchetto dolce è invece Agnes, in ricordo di Agnes Waterhouse, “una delle prime vittime di esecuzione per stregoneria nel Regno Unito.”

A Bertha von Suttner è dedicato il Passito di moscato Bertha “soprannominata la ‘strega della pace’ dalla stampa maschilista di fine ‘800, è stata l’ideatrice e sostenitrice del premio Nobel per la Pace e prima donna a vincerlo.
Nonostante questo quasi dimenticata e mai citata come precorritrice.”

E infine c’è il Moscato dolce, Dorothea, in ricordo di Dorothea Flock, “vittima di esecuzione per stregoneria in Germania.”

Etichette che diventano insomma veicolo di storie e messaggi.

“E il vino però com’è?” Sono vini beverini, ottimi da aperitivo, con un bel rapporto qualità prezzo.

Quindi non vi resta che venire ad assaggiarlo o portarvene a casa una bottiglia per sostenere una realtà giovane che cerca di tenere insieme tanti pezzi e che sta iniziando adesso il suo percorso, fatto anche di incontri con altri produttori nel corso di fiere ed eventi “sono bellissime le connessioni che si creano tra noi giovani. Idee, sogni e paure condivise, è di grande ispirazione!

Un po’ come questi vini. Grazie Roberta!

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